in occasione del RICH MAC 2001

GIORNATA  di STUDIO

" L'analisi delle Acque 
Le norme e le linee guida che regolano il campionamento, le analisi chimiche on line, la validazione del dato analitico 
"


Campionamento automatico delle acque
le caratteristiche di un campionatore automatico 
secondo le norme Europee ISO

 Il controllo degli scarichi deve essere un’indagine costruttiva, finalizzata a ottimizzare le produzioni e quindi prevenire malfunzionamenti, ancorché verificare l’efficienza dei sistemi di depurazione

Con l’introduzione del DL 152/99 e successive modifiche apportate con il DL 258/2000, l’Italia si è impegnata a recepire le Direttive UE 271/1991 e 676/1991, anticipando la Direttiva UE 2000/60; in tal caso precedendo i partner europei, nel febbraio 2001.
L’obiettivo di fondo delle norme sopra citate è di arrivare a ottenere scarichi civili e industriali, acque superficiali, sotterranee e a uso umano, di qualità ottimale.
Con questi decreti legislativi sono stati introdotti concetti innovativi di campionamento e monitoraggio rispetto a quanto era stato fatto fino a ora. In concreto, viene richiesto un sostanziale intensificarsi dei controlli e delle analisi in continuo.
Anche se la Comunità Europea pone un accento marcato sul monitoraggio della qualità delle acque superficiali, soprattutto per quelle destinate alla potabilizzazione, sono gli scarichi civili e industriali ad avere la priorità di attenzione da parte dei controllori e dei controllati. Infatti intorno a questi scarichi gravitano maggiori interessi economici e ambientalistici.
In particolare, con il DL 258 vengono responsabilizzati i gestori degli scarichi che vanno in corpi recettori finali: chi gestisce un impianto di depurazione ha la responsabilità civile e penale della qualità delle acque in uscita dai propri impianti. 

L’unico sistema per tutelarsi da scarichi abusivi che possano inficiare la capacità depurativa dell’impianto, è il monitoraggio costante e capillare dei liquami in arrivo. 
Non a caso si consiglia di creare una rete di monitoraggio per individuare meglio i responsabili o circoscrivere l’area da cui può derivare il problema.
Considerando che non tutti possono sopportare l’onere di acquistare e giustificare l’uso di analizzatori in continuo per i parametri richiesti dalla legge, ne consegue automaticamente che, demandare a un campionamento ben organizzato il compito di una maggiore sorveglianza, potrebbe essere il modo migliore di affrontare la questione. 
Per tale motivo sembra utile soffermarsi ad affrontare le problematiche inerenti al tema del “Campionamento”.

  Esigenza di chiarezza

  E’ doveroso premettere che le indicazioni dei DL 152/99 e 258/2000 sono da intendersi come requisiti minimi e che è alle Regioni che viene demandato il compito di adeguare e, normalmente inasprire, i limiti dei controlli.
Al momento, molti aspetti che riguardano il campionamento in accordo con le norme vigenti devono ancora essere chiariti. 
A questo scopo
l’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) a cui fanno capo le ARPA (Organi di controllo regionali), con il contributo di altri Enti pubblici e privati, sta provvedendo alla stesura di un “manuale sul campionamento”, analogamente a quanto è in fieri in ambito Unichim. 
In quest’ultimo caso, però, il manuale - a differenza di quello dell’ANPA - serve non solo per stabilire i criteri base per le conoscenze necessarie alla presa, manipolazione, trasporto e conservazione dei campioni, onde ottemperare alle leggi vigenti in Italia, ma più ampiamente analizza gli aspetti richiesti da chi debba sia usare il campionamento come procedura interna di controllo sia avere rapporti con terzi. 
Si pensi a tutti coloro che operano in regime di certificazione; per costoro la fase campionamento non può essere lasciata al caso, bensì regolamentata con precisione.

Quanto sopra - e mai il concetto di repetita iuvant ha trovato la sua collocazione più corretta -  serve a far sì che il campione, prima fase ante litteram di un processo analitico, sia sufficientemente idoneo agli scopi prefissati. 
La verità è che non si può ottenere un risultato analitico veritiero se non si parte da un buon campione.

Inoltre, vale la pena di anticipare che se i metodi di analisi attualmente validi sono quelli fino a oggi usati per la Legge Merli, è altrettanto vero che stanno per essere pubblicati, da parte del CNR-IRSA, metodi analitici in linea cone le esigenze attuali.
Con i recenti Decreti 152 e 258, è stato introdotto il concetto di controllo del “Carico inquinante”, vale a dire  la quantità di sostanza scaricata nel tempo. 

Per fare ciò è necessario rapportare le concentrazioni rilevate nei singoli campioni alla portata del flusso in esame. 
Sia per l’ingresso a un impianto di depurazione che per l’uscita di uno scarico finale, è del tutto differente avere 100 ppm di una sostanza in un flusso con portata da 1 m3/h piuttosto che in una corrente di 100 m3/h. Sono stati ridefiniti i tempi del controllo; un campione medio nell’arco di 3 ore per gli scarichi industriali e, invece, uno medio ponderale su 24 ore per uno scarico civile. 
Attualmente, nel DL 258 è ritenuto valido il campione istantaneo preso quando, chi è preposto al controllo,  ne ravvisa l’importanza. 
Rimangono però da definire importanti dettagli generali, quali per esempio di quanti campioni - al minimo - deve essere composto un campione medio 2, 10, 24, 1.000 o altro.

Quando si indica il “..campione medio ponderale..”, si avverte una carenza non da poco in merito al riferimento per il ponderale. 
Per chiarire questi ed altri dettagli, come prima anticipato, sta lavorando l’A.N.P.A. Agenzia Nazionale Protezione Ambientali.
Sembra doveroso segnalare che, in attesa delle direttive nazionali, alcune amministrazioni - a livello regionale e provinciale - stanno producendo direttive locali che indicano o impongono le tipologie di strumenti automatici per il campionamento e, in generale, le modalità di campionamento sia manuale che automatico.  

Piano di campionamento

E’ importante, prima di procedere a un campionamento manuale o automatico, definirne il piano con precisione. 
E’ importante sapere dove campionare, quanto campione prelevare e perché si campiona. 
Tali informazioni sono fondamentali per la gestione del dato ed è categorico, per i tecnici preposti al campionamento, ricevere un’adeguata istruzione onde poter svolgere al meglio il proprio lavoro.

Strumenti automatici

Per poter ottemperare a campionamenti, che di fatto impongono una maggiore frequenza operativa, appare evidente la necessità di ricorrere a strumentazione automatica che permette un miglior screening a costi inferiori rispetto al campionamento manuale.
Lo scopo di un campionatore automatico è di “Prelevare e conservare aliquote di liquido in esame, che riflettano, con la maggiore accuratezza possibile, la composizione del flusso ove si campiona. 
Deve essere presa un’aliquota di volume rappresentativo, ma non eccessiva e pertanto agevolmente gestibile dal laboratorio. 
Il campione deve essere prelevato in modo da riflettere le concentrazioni e i principali costituenti lo scarico”.
Se il campione non venisse prelevato in maniera accurata, non rispecchierebbe le condizioni del flusso in esame e nessun laboratorio potrebbe prevedere procedure atte a compensare i dati di analisi. 
Per questo motivo sarebbe opportuno dedicare al campionamento l’attenzione massima.
Onde disporre di un campione valido e rappresentativo è necessario che la strumentazione automatica risponda a requisiti specifici. 
Negli U.S.A., fin dagli anni ’70, si è cercato di approfondire tale argomento. 
La statunitense EPA – Environmental Protection Agency - ha condotto approfonditi studi sull’argomento.
Attualmente solo il manuale di campionamento EPA e le norme internazionali ISO 5667-10 descrivono come deve essere o forniscono indicazioni su quali siano i requisiti minimi di un campionatore automatico 
(Una trattazione sulle ISO 5667-10 è disponibile nell’articolo visionabile al sito internet www.stateoftheart.it  n.d.r.).
In Italia tale problematica non è stata ancora affrontata ufficialmente e si avverte la mancanza di indicazioni sul tipo di macchine da utilizzare, su quali siano le ottimali in rapporto all’applicazione specifica o addirittura le più sconsigliate.
Le principali “scuole” di produzione di campionatori automatici sono la statunitense e l’europea (tedesca in primis), decisamente diverse fra loro. Al punto che si possono avere sostanziali differenze analitiche per i campioni prelevati, a seconda che si applichi una tecnica piuttosto che l’altra.
Per questo motivo è serio affermare che un campionatore non vale l’altro, ancorché sostenere che  la scelta di uno strumento siffatto non può essere collegata al solo costo. 
L’approccio corretto è prendere in considerazione i vari aspetti costruttivi per decidere quale apparecchio sia maggiormente idoneo alle proprie esigenze.
L’EPA ha testato le varie tipologie di campionatori reperibili sul mercato, nonché confrontato le differenti tecniche di aspirazione e distribuzione dei campioni nei recipienti.
Da tali ricerche è emerso che i campioni  prelevati con pompe sia da vuoto che peristaltiche, presentano differenze sostanziali, per esempio per determinazioni di COD, BOD5 o Solidi Sospesi.

In particolare, si è confrontato il campionamento manuale con le tecniche prima riportate; i risultati indicano che il campionamento con pompa peristaltica si avvicina maggiormente ai risultati ottenuti con tecnica manuale.
Per questo motivo il campionamento con pompa peristaltica è preferito dall’EPA e, di conseguenza, gli strumenti costruiti negli USA adottano tale tecnica, a differenza di quelli realizzati in Europa; anche se in questi ultimi anni i produttori europei si stanno avvicinando ai loro colleghi nordamericani.
Nel Vecchio Continente, a quanto risulta, solo l’Austria ha sottoposto strumenti di vari costruttori a test per identificare le migliori caratteristiche per la manutenzione, pulizia, affidabilità e capacità di campionamento proporzionale alla portata e alla capacità di raffreddamento.
L’auspicio è che indagini similari vengano condotte anche in Italia per poter aiutare gli utilizzatori di questi strumenti nella scelta sia a livello di acquisto che di applicazione. Caratteristiche, quali i materiali impiegati, il percorso del campione nel sistema di campionamento, la velocità di aspirazione e la conservazione del campione possono fare la differenza sul risultato analitico. 
E’ altrettanto (importante) utile che i campionatori automatici siano facili da usare e di semplice manutenzione, in modo tale che gli operatori possano impiegarli agevolmente.
A questo punto, vale la pena di focalizzare l’attenzione sull’uso dei campionatori autosvuotanti, molto diffusi in Italia. In altre nazioni, gli enti preposti al monitoraggio degli scarichi, quando decidono di fare una campagna di controllo, sigillano il campionatore “standard” e, alcune ore o giorni più tardi , tornano a prendere i campioni prelevati; da nessuna parte, con eccezione della Gran Bretagna, vengono impiegati i campionatori autosvuotanti per il controllo degli effluenti finali. 
Nel nostro Paese – non solo, ma probabilmente per mancanza di tempo, personale o organizzazione - si utilizzano i campionatori autosvuotanti anche per gli scarichi finali in corpi idrici superficiali. In questo genere di effluenti liquidi, i limiti analitici sono inferiori e più restrittivi; per tale motivo i campioni devono essere prelevati con maggior cura.

E’ problematico fornire indicazioni sulla validità o meno di questa tipologia di strumenti; si desidera solo richiamare l’attenzione sulla delicatezza dell’uso, per ottenere risultati validi.

Considerazioni conclusive

Il controllo degli scarichi deve essere un’indagine costruttiva finalizzata a ottimizzare le produzioni e quindi prevenire mal funzionamenti, ancorché  verificare l’efficienza dei sistemi di depurazione.
Del resto, fa parte della "mission" delle “neonate” A.R.P.A.  collaborare con gli utenti degli scarichi per aiutarli, se necessario, a prevenire i problemi eventualmente riscontrati.
Per ottenere indicazioni attendibili sulla qualità di uno scarico, di un corso superficiale o di qualsiasi altro flusso acquoso, sarebbe necessario, in teoria, analizzare tutta la massa d’acqua in esame. 
L’analisi on line e il campionamento automatico o manuale, possono fornire un’indicazione parziale o statistica dell’andamento della qualità dell’acqua.
Quando si usano campionatori automatici, si può correre il rischio di avere anche troppi campioni da analizzare; per tale motivo, se si dispone di strumentazione automatica di controllo di parametri chimici o chimico fisici del corso d’acqua in analisi, si possono collezionare campioni solo quando un parametro oltrepassi una soglia di allarme.
Si rammenta, inoltre, che ormai quasi tutti i campionatori automatici possono essere abbinati a sonde tipo pH, temperatura, conducibilità e quant’altro: tutti parametri che debbono essere determinati al momento stesso del campionamento.  
Per facilitare il compito della raccolta dati, esiste da tempo anche la possibilità di collegarsi in remoto con questi strumenti, sfruttando le moderne tecnologie della trasmissione telefonica GSM. 
I risultati di un’indagine ambientale non devono servire solamente a sapere se si è in regola o meno con le  normative vigenti; piuttosto ci si dovrebbe convincere della loro utilità a valutare se il nostro habitat verrà alterato, con irrimediabile nocumento per l’intera comunità.

 


con il patrocinio e la sponsorizzazione  di


Società Chimica Italiana.

     

 


AIS-L.jpg (3898 byte)

Associazione Italiana Strumentisti    
Delegazione Zonale Liguria

Informazioni per informazioni sulla strumentazione   info@stateoftheart.it
back to
back to:  a special on Sampling
back to: articoli sul campionamento
©copyright STATE-OF-THE-ART®