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informazioni per i lettori e coloro che si occupano dell' analisi delle acque: il testo completo !
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Decreto 6 novembre 2003, n. 367

Pubblicata nella GU n. 5 del 8-1-2004

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. 
Regolamento concernente 
la fissazione di standard di qualità nell'ambiente acquatico
 per le sostanze pericolose, 

ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152.
 


IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
di concerto con
IL MINISTRO DELLA SALUTE


Vista la direttiva 76/464/CEE del 4 maggio 1976 concernente l'inquinamento provocato da sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunita' europea e, in particolare, l'articolo 7 che obbliga gli Stati membri a stabilire programmi per ridurre ed eliminare l'inquinamento delle acque provocato da certe sostanze pericolose con la fissazione degli obiettivi di qualita' delle acque;
Vista la direttiva quadro in materia di tutela delle acque 2000/60/CE del Parlamento e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che prevede la riduzione e la graduale eliminazione dell'inquinamento provocato dallo scarico, emissioni e rilascio di sostanze prioritarie;
Vista, in particolare, la decisione n. 2455/2001/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 2001 relativa all'istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque, che implementa la direttiva 2000/60/CE;
Tenuto conto che la direttiva 2000/60/CE dispone che gli standard di qualita' ambientale necessari per il raggiungimento nei corpi idrici superficiali di un buono stato chimico siano definiti sulla base dei criteri di tossicita' ed ecotossicita';
Considerato che il criterio di tossicita', finalizzato alla tutela della salute umana, deve tenere conto non solo dei rischi derivanti dal consumo di acqua potabile ma anche di quelli derivanti dal trasferimento dei contaminanti attraverso i processi di bioaccumulo e di biomagnificazione nella catena alimentare e che pertanto si rende necessario fissare standard di qualita' idonei a contenere i suddetti rischi, considerando anche i requisiti di qualita' delle acque destinate al consumo umano;
Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e sue modificazioni ed integrazioni, recante disposizioni sulla tutela delle acque e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
Visti, in particolare, gli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 che prevedono il raggiungimento di un buono stato di qualita' ambientale dei corpi idrici e che per tale obiettivo e' necessario ottenere un buono stato di qualita' chimico ed ecologico; 
Considerata l'evoluzione della politica assunta dalla normativa comunitaria e nazionale in materia di tutela delle acque volta inizialmente alla protezione dell'uso potabile, della balneazione e del consumo degli organismi acquatici eduli e successivamente indirizzata ad un approccio di tutela integrata che tiene conto come obiettivo finale della salvaguardia dell'intero ecosistema acquatico;
Ritenuto di dover raggiungere uno stato di qualita' chimico entro il 2008 tale da garantire la tutela della salute umana come obiettivo intermedio rispetto a quello piu' avanzato del buono stato chimico da raggiungere entro il 2015 per la tutela dell'intero ecosistema acquatico;
Ritenuto che sia necessario l'applicazione congiunta delle disposizioni sanitarie ed ambientali vigenti, al fine di garantire un elevato livello di protezione delle acque destinate alla balneazione i cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470;
Considerato che, ai fini della tutela delle acque, per le sostanze pericolose individuate a livello comunitario devono essere fissati obiettivi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
Ritenuto di dover dare esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia del 1° ottobre 1998 che ha condannato lo Stato italiano per non aver adottato i programmi di riduzione dell'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
Considerata la necessita' di modificare gli standard di qualita' sulla base di progressi scientifici e tecnologici e tenuto conto dell'evoluzione normativa a livello comunitario;
Visto l'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 1999 che prevede la possibilita' di adottare regolamenti per modificare gli allegati al decreto legislativo stesso per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche;
Acquisiti i pareri dell'Istituto superiore di sanita' (ISS), dell'Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IRSA), dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) e dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), con note rispettivamente prot. 29662/TOA 22 del 24 giugno 2003, prot. 88139 SC/16/11 del 27 giugno 2003, prot. 315403 del 9 giugno 2003 e prot. 12965 del 20 giugno 2003;
Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 29 settembre 2003;
Vista la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, effettuata con nota del 13 ottobre 2003 UL/2003/7535 ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Adotta
il seguente regolamento:

Art. 1.
1. Ai fini della tutela delle acque interne superficiali e delle acque marino-costiere dall'inquinamento provocato dalle sostanze pericolose immesse nell'ambiente idrico da fonti puntuali e diffuse, l'allegato A al presente regolamento definisce per le sostanze pericolose, individuate a livello comunitario, standard di qualita' nella matrice acquosa e, per alcune di esse, standard di qualita' nei sedimenti delle acque marino-costiere, lagunari e degli stagni costieri. Gli standard fissati in tabella 1 dell'allegato A sono finalizzati a garantire a breve termine la salute umana e a lungo termine la tutela dell'ecosistema acquatico.
2. Le acque di cui al comma 1 devono essere conformi entro il 31 dicembre 2008 agli standard di cui alla tabella 1, colonna B, dell'allegato A al presente regolamento.
3. Le acque di cui al comma 1 devono essere conformi entro dicembre 2015 agli standard di cui alla tabella 1, colonna A, dell'allegato A al presente regolamento.
4. Le acque a specifica destinazione di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, devono essere conformi agli standard di cui ai commi 2 e 3 e per le acque destinate alla vita dei molluschi la tabella 1/C dell'allegato 2 del medesimo decreto legislativo e' integrata dalla tabella 1 dell'allegato A del presente regolamento.
5. Per i corpi idrici superficiali di cui al punto 1 dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999 da classificare ai fini della verifica del raggiungimento degli obiettivi di cui agli articoli 4 e seguenti dello stesso decreto legislativo, la tabella 1 dell'allegato A al presente regolamento sostituisce dal 1° gennaio 2008 la tabella 1 dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
6. Ai fini della classificazione delle acque marino-costiere, lagunari e degli stagni costieri le tabelle 17 e 18 dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999 sono integrate rispettivamente dalle tabelle 3 e 4 dell'allegato A al presente regolamento.
7. Le analisi sui sedimenti degli ambienti marino-costieri, delle lagune e degli stagni costieri sono obbligatorie per i metalli di cui alla tabella 2 e per le sostanze organiche con log kow \geq 3. La tabella 2 fissa standard di riferimento per i sedimenti di ambienti costieri e lagunari. I risultati analitici, qualora superiori agli standard di cui alla tabella 2, concorrono alla individuazione delle misure da intraprendere ai fini della tutela di detti corpi idrici.
8. Dal 1° gennaio 2021 le concentrazioni delle sostanze individuate con la lettera "PP" nell'allegato A al presente regolamento nelle acque superficiali devono tendere ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e, per le sostanze sintetiche antropogeniche, allo zero sulla base anche dei criteri riportati alla parte generale relativa alla matrice acquosa, punti 3 e 4, del presente regolamento.
9. Qualora venga dimostrato che i valori riportati nelle tabelle 1 e 2 dell'allegato A al presente regolamento non possano essere raggiunti con l'adozione delle misure individuate sulla base delle migliori tecniche disponibili a costi sostenibili, sara' necessario indicare da parte dell'autorita' competente al controllo i valori di concentrazione residui nelle acque e nei sedimenti marino-costieri e lagunari, che le misure adottate consentono di raggiungere. Detti valori di concentrazione residua devono essere sottoposti, a cura dell'autorita' competente, a successiva valutazione e convalidati a seguito di una specifica analisi di rischio sanitario ed ambientale. 
In funzione degli esiti di detta analisi saranno stabilite le eventuali limitazioni d'uso.
10. Ai fini del raggiungimento degli standard di qualita' di cui ai commi precedenti, il punto 1.2 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 e' modificato dall'allegato B del presente regolamento.
11. Per la laguna di Venezia ed il suo bacino scolante si applicano le disposizioni della specifica legislazione vigente in materia, restando comunque fermo l'obbligo del rispetto del presente regolamento in relazione agli standard piu' restrittivi, agli standard fissati per altri parametri non previsti per la laguna di Venezia, alle scadenze temporali ed alle disposizioni relative ai sedimenti.


Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati ii valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee (GUCE).
Note alle premesse:
- La direttiva 76/464/CEE del 4 maggio 1976, concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della comunita' e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. L.129 del 18 maggio 1976. L'art. 7 e' il seguente:
"Art. 7. - 1. Per ridurre l'inquinamento delle acque di cui all'art. 1 provocato dalle sostanze dell'elenco II, gli Stati membri stabiliscono programmi per la cui attuazione ricorreranno in particolare ai mezzi previsti dai paragrafi 2 e 3.
2. Qualsiasi scarico nelle acque di cui all'art. 1 che potrebbe contenere una delle sostanze dell'elenco II e' soggetto ad autorizzazione preventiva, rilasciata dall'autorita' competente dello Stato membro interessato, che ne fissi le norme di emissione. Tali norme vanno fissate in funzione degli obiettivi di qualita' stabiliti a norma del paragrafo 3.
3. I programmi di cui al paragrafo 1 conterranno obiettivi di qualita' per le acque, stabiliti nel rispetto delle direttive adottate dal Consiglio quando esse esistono.
4. I programmi potranno anche contenere particolari disposizioni per la composizione e l'uso di sostanze o gruppi di sostanze e di prodotti; essi tengono conto dei piu' recenti progressi tecnici economicamente realizzabili.
5. I programmi fisseranno le scadenze per la propria attuazione.
6. I programmi e i risultati della loro attuazione verranno comunicati alla commissione in forma sintetica.
7. La commissione organizza regolarmente con gli Stati membri un confronto fra i programmi per assicurarsi che la loro realizzazione sia sufficientemente armonizzata. Qualora lo ritenga necessario, la commissione presenta al Consiglio a tal fine proposte in materia.".
- La direttiva 2000/60/CE del parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. L327 del 22 dicembre 2000.
- La decisione n. 2455/2001/CE del parlamento europeo del 20 novembre 2001 relativa alla istituzione di un elenco di sostanze prioritarie nel settore della politica in materia di acque e che modifica la direttiva 2000/60/CE e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. L 131 del 15 dicembre 2001.
- Il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1999, n. 124 (S.O.). Gli articoli 4 e 5 sono i seguenti:
"Art. 4 (Disposizioni generali). - 1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, il presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualita' ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualita' per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'art. 6, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
2. L'obiettivo di qualita' ambientale e' definito in funzione della capacita' dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunita' animali e vegetali ampie e ben diversificate.
3. L'obiettivo di qualita' per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo a una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
4. In attuazione del presente decreto sono adottate, mediante il piano di tutela delle acque di cui all'art. 44, misure atte a conseguire i seguenti obiettivi entro il 31 dicembre 2016:
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualita' ambientale corrispondente allo stato di "buono" come definito nell'Allegato 1;
b) sia mantenuto, ove gia' esistente, lo stato di qualita' ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1;
c) siano mantenuti o raggiunti altresi' per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'art. 6 gli obiettivi di qualita', per specifica destinazione di cui all'allegato 2, salvo i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.
5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualita' ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli piu' cautelativi; quando i limiti piu' cautelativi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualita' ambientale, il rispetto degli stessi decorre dal 31 dicembre 2016.
6. Il piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualita' ambientale con i diversi obiettivi di qualita' per specifica destinazione.
7. Le regioni possono altresi' definire obiettivi di qualita' ambientale piu' elevati, nonche' individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualita".
"Art. 5 (Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualita' ambientale). - 1. Entro il 30 aprile 2003, sulla base dei dati gia' acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 42 e 43, le regioni identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualita' corrispondente ad una di quelle indicate nell'allegato 1.
2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualita' ambientale di cui all'art. 4, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile ove fissato sulla base delle indicazioni dell'autorita' di bacino di rilievo nazionale e interregionale per i corpi idrici sovraregionali, assicurando in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
3. Al fine di assicurare entro il 31 dicembre 2016 il raggiungimento dell'obiettivo di qualita' ambientale corrispondente allo stato "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato "sufficiente" di cui all'allegato 1.
4. Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per i corpi idrici che presentano condizioni tali da non consentire il raggiungimento dello stato "buono" entro il 31 dicembre 2016.
5. Le regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualita' ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
a) il corpo idrico ha subito gravi ripercussioni in conseguenza dell'attivita' umana che rendono manifestamente impossibile o economicamente insostenibile un significativo miglioramento dello stato qualitativo;
b) il raggiungimento dell'obiettivo di qualita' previsto non e' perseguibile a causa della natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza;
c) l'esistenza di circostanze impreviste o eccezionali, quali alluvioni e siccita'.
6. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 5, la definizione di obiettivi meno rigorosi e' consentita purche' i medesimi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e fatto salvo il caso di cui al comma 5, lettera b), non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dal presente decreto in altri corpi idrici all'interno dello stesso bacino idrografico.
7. Nei casi previsti dai commi 4 e 5, i piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonche' le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.".
- Il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470, recante "Attuazione della direttiva (CEE) n. 76/160 relatiuva alla qualita' delle acque di balneazione", e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 luglio 1982, n. 203.
- L'art. 3, comma 4 del citato decreto legislativo n. 152 del 1999, e sue modifiche ed integrazioni e' il seguente:
"4. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione del presente decreto sono stabilite negli allegati al decreto stesso e con uno o piu' regolamenti adottati ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano; attraverso i medesimi regolamenti possono altresi' essere modificati gli allegati al presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o teonologiche".
Note all'art. 1:
- L'art. 6 del citato decreto legislativo n. 152 del 1999 e sue modifiche ed integrazioni e' il seguente:
"Art. 6 (Obiettivo di qualita' per specifica destinazione). - 1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall'art. 4, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, e' perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualita' per specifica destinazione stabilito nell'allegato 2, fatta eccezione per le acque di balneazione.
3. Le regioni al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico stabiliscono programmi che vengono recepiti nel piano di tutela, per mantenere, ovvero adeguare, la qualita' delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualita' per specifica destinazione.
Relativamente alle acque di cui al comma 1, le regioni predispongono apposito elenco che provvedono ad aggiornare periodicamente".
- La tabella 1/C dell'allegato 2 del decreto legislativo n. 152 del 1999 e' la seguente:


Tabella 1/C

QUALITA' DELLE ACQUE DESTINATE ALLA VITA DEI MOLLUSCHI

(Tabelle omesse)

Art. 2.
1. Le regioni individuano le sostanze pericolose da controllare in funzione della loro potenziale presenza:
a) nei cicli industriali; b) negli scarichi in fognatura e nei corpi idrici ricettori; c) nelle produzioni agricole; d) in ogni altro centro di attivita' che possa determinare situazioni di pericolo attraverso inquinamento di origine diffusa nell'ambiente idrico.
L'attivita' conoscitiva finalizzata all'individuazione delle pressioni antropiche presenti e pregresse gia' effettuata ai sensi dell'articolo 42 e seguenti del decreto legislativo n. 152 del 1999, e' periodicamente aggiornata. Il primo aggiornamento e' effettuato entro il 1° gennaio 2006, i successivi ogni sei anni.
2. Il controllo delle sostanze pericolose e' effettuato sulla base di quanto disposto al comma 1 del presente articolo e si estende anche a quelle non espressamente normate dal presente regolamento qualora ne sia accertata la presenza sulla base dell'attivita' conoscitiva di cui al medesimo comma 1.
3. Sulla base della richiesta avanzata dall'autorita' competente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ovvero di nuove disposizioni comunitarie, sono definiti gli standard per le sostanze non normate dal presente regolamento.
4. Le regioni redigono l'elenco delle sostanze pericolose presenti sul proprio territorio e delle fonti di origine, da aggiornare secondo le scadenze temporali riportate al comma 1. L'elenco e i relativi aggiornamenti sono integrati da una relazione contenente i programmi d'azione intrapresi dalle regioni per la riduzione o eliminazione delle sostanze pericolose.
5. L'elenco delle sostanze, gli aggiornamenti e le relative relazioni di cui al comma 4, da trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio sono parte integrante del decreto di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 1999.

Note all'art. 2:
- L'art. 42 del citato decreto legislativo n. 152/1999 e' il seguente:
"Art. 42 (Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attivita' antropica). - 1. Al fine di garantire l'acquisizione delle informazioni necessarie alla redazione del piano di tutela, le regioni provvedono ad eleborare programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo.
2. I programmi di cui al comma 1 sono addottati in conformita' alle indicazioni di cui all'allegato 3 e sono resi operativi entro il 31 dicembre 2000 e sono aggiornati ogni sei anni.
3. Nell'espletamento dell'attivita' concoscitiva di cui al comma 1, le amministrazioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni gia' acquisite, con particolare riguardo a quelle preordinate alla redazione dei piani di risanamento delle acque di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319, nonche' a quelle previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183".
- Il comma 7 dell'art. 3 del decreto legislativo n. 152/1999 e' il seguente:
"7. Le regioni assicurano la piu' ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualita' delle acque e trasmettono all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione del presente decreto, nonche' quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, socondo le modalita' indicate con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le reigoni e le province autonome di Trento e di Bolzano. L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente elabora a livello nazionale nell'ambito del Sistema informativo nazionale ambientale, le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.".

Art. 3.
1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, che provvedono alle finalita' del presente regolamento in conformita' ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.
2. I parametri di cui al numero 12 della tabella 5 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 sono sostituiti con i seguenti: "12. idrocarburi di origine petrolifera persistenti" e "12-bis. idrocarburi di origine petrolifera non persistenti". Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.


Nota all'art. 3:
- La tabella 5 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152/1999, come modificata dal decreto qui pubblicato, e' la seguente:

Tabella 5

SOSTANZE PER LE QUALI NON POSSONO ESSERE ADOTTATI LIMITI MENO RESTRITTIVI DI QUELLI INDICATI IN TABELLA 3, PER LO SCARICO IN ACQUE SUPERFICIALI (1) E PER LO SCARICO IN RETE FOGNARIA (2), O IN TABELLA 4 PER LO SCARICO SUL SUOLO

 

1

Arsenico

2

Cadmio

3

Cromo totale

4

Cromo esavalente

5

Mercurio

6

Nichel

7

Piombo

8

Rame 

9

Selenio

10

Zinco

11

Fenoli

12

Idrocarburi di origine petrolifera persistenti

12 bis

Idrocarburi di origine petrolifera non persistenti

13

Solventi organici aromatici

14

Solventi organici azotati

15

Composti organici allogenati (compresi i pesticidi clorurati)

16

Pesticidi fosforati

17

Composti organici dello stagno

18

Sostanze di cui, secondo le indicazioni dell'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), è provato il potere concerogeno



Roma, 6 novembre 2003

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
Matteoli
Il Ministro della salute
Sirchia

Visto, il Guardasigilli: Castelli
Registrato alla Corte dei conti il 24 dicembre 2003
Ufficio controllo atti Ministeri delle infrastrutture ed assetto del territorio, registro n. 4, foglio n. 106


Allegato A
(articoli 1 e 3)

PARTE GENERALE
1 . Ai sensi del punto 3.2.2.2. dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999 nelle acque il monitoraggio delle sostanze di cui al presente regolamento deve essere eseguito con frequenza mensile fino al raggiungimento dell'obiettivo di qualita'. 
Raggiunto tale obiettivo, la frequenza di monitoraggio deve essere obbligatoriamente mensile per le sostanze indicate con la lettera P, mentre per tutte le altre sostanze il monitoraggio puo' essere eseguito con cadenza almeno trimestrale. La frequenza di campionamento puo' essere ulteriormente modificata sulla base di relazioni tecnico-scientifiche che giustificano intervalli piu' lunghi e qualora la presenza delle sostanze non sia mai stata rilevata nell'arco dell'anno di monitoraggio.
In particolare, per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile la frequenza di monitoraggio a partire dal 1° gennaio 2008 deve tenere conto almeno dello schema di seguito riportato:

         Comunita' servita           Frequenza
            < 10.000               4 volte l'anno
        da 10.000 a 30.000         8 volte l'anno
            > 30.000              12 volte l'anno


La scelta delle stazioni di campionamento deve essere effettuata secondo le modalita' di cui al punto 3.2.2.1 dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
Relativamente alle acque fluviali i campionamenti effettuati in condizioni di variazione molto significative di portata rispetto a quelle di deflusso medio, andranno valutati caso per caso.

L'indagine analitica deve essere eseguita sul campione disciolto. Qualora venga utilizzata altra metodologia, il risultato analitico ottenuto deve comunque essere riferito al campione disciolto. Il risultato deve essere sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard o criterio di cui alle tabelle 1 e 2 del presente regolamento.
Sui sedimenti il monitoraggio delle sostanze effettuato ai sensi dell'art. 1, comma 3, deve essere effettuato almeno con frequenza semestrale fino al raggiungimento delle concentrazioni individuate. I campioni da analizzare devono essere prelevati su uno strato superficiale di sedimento relativo ai primi cinque centimetri.
Ai fini dell'attribuzione dello stato chimico lo standard di qualita' e' riferito alla media aritmetica annuale delle concentrazioni.
2. I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle 1 e 2 del presente regolamento devono fare riferimento alle pu' avanzate tecniche di impiego generale. Tali metodi devono essere tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale.
Le metodiche analitiche, qualora non disponibili alla rilevazione degli standard definiti in allegato devono essere adeguate al fine di consentire i controlli analitici necessari per la riclassificazione dei corpi idrici. Fino all'adeguamento di tali metodi la concentrazione delle sostanze deve risultare comunque inferiore ai limiti di rilevabilita' delle piu' avanzate tecniche di analisi di impiego generale esistenti all'entrata in vigore del presente regolamento.
Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate utilizzabili, le attivita' di monitoraggio sono subordinate alla definizione di protocolli analitici, quando questi saranno resi disponibili dagli istituti scientifici di cui al comitato tecnico previsto all'art. 3 del presente regolamento.
3. Nelle acque in cui e' dimostrata scientificamente la presenza di metalli in concentrazioni di background naturali superiori ai limiti fissati in tabella, tali livelli di fondo costituiranno gli standard da rispettare. Le concentrazioni rilevate nei sedimenti ricadenti in regioni geochimiche che presentano livelli di fondo superiori a quelli riportati in tabella 2, sono sostituiti dalle concentrazioni del fondo naturale.
4. Per le sostanze prioritarie, indicate in allegato con la lettera "P" per le quali, ai sensi dell'art. 1, comma 6, del presente regolamento devono essere perseguite nelle acque particolari condizioni di concentrazione, il tempo necessario per il raggiungimento delle stesse e' in funzione delle specifiche caratteristiche chimico-fisiche dei diversi inquinanti, quali la persistenza e la volatilita', e delle specificita' dei diversi sistemi acquatici.

 

TABELLA 1

Standard di qualità delle acque

(omessa)

 

TABELLA 2

Standard di qualità dei sedimenti di acque marino-costiere, lagune e stagni costieri

(omessa)

 

TABELLA 3

(omessa)

 

TABELLA 4

(omessa)

 


Note all'allegato A:
- Il punto 3.2.2.2. dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152/1999 e' il seguente:
3.2.2.2. Frequenza dei campionamenti
3.2.2.2.1. Fase iniziale del monitoraggio
Acque:
la misura dei parametri chimici, fisici, microbiologici e idrologici di base e di quelli relativi ai parametri addizionali, quando necessari, deve essere eseguita una volta al mese fino al raggiungimento dell'obiettivo di qualita'.
Sedimenti: una volta all'anno, durante i periodi di magra (e comunque lontano da eventi di piena), ovvero durante i periodi favorevoli alla deposizione del materiale sospeso.
Biota: l'I.B.E. va misurato stagionalmente (4 volte all'anno);
I test biologici addizionali e quelli di bioaccumulo, quando richiesti, vanno eseguiti nei periodi di maggiore criticita' per il sistema.
3.2.2.2.2. Fase a regime
La frequenza di campionamento si mantiene inalterata fino al raggiungimento dell'obiettivo di cui all'art. 4. Raggiunto tale obiettivo, la frequenza di campionamento puo' essere ridotta dall'autorita' competente ma non deve comunque essere inferiore a quattro volte all'anno per i parametri di base di cui alla tabella 4 e inferiore a due per l'I.B.E. Per la misura di portata deve essere garantito per ogni stazione idrometrica un numero annuo di determinazioni sufficiente a mantenere aggiornata la scala di deflusso.
- Il punto 3.2.2.1. dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152/1999 e' il seguente:
3.2.2.1. Criteri per la scelta delle stazioni di prelievo.
Per ogni corso d'acqua naturale viene definito un numero minimo di stazioni di prelievo in funzione della tipologia del corso d'acqua e della superficie del bacino imbrifero.
Le autorita' competenti possono aumentare il numero delle stazioni in presenza di particolari valori naturalistici e/o paesaggistici o per particolari utilizzazioni in atto o in tutte le situazioni in cui questo sia ritenuto necessario.

                                                            
TABELLA 6

 

                         NUMERO STAZIONI NEI

                       CORSI D'ACQUA NATURALI

 

=====================================================================

 Area del bacino (Km2)                Numero stazioni

---------------------------------------------------------------------

                              Corsi d'acqua       Corsi d'acqua

                              di 1° ordine        di 2° ordine

---------------------------------------------------------------------

200-400                        1

401-1000                       2                   1

1001-5000                      3                   2

5001-10.000                    5                   4

10.001-25.000                  6                   -

25.001-50.000                  8                   -

> 50.001                      10                   -

 

Le stazioni di prelievo sui corsi d'acqua sono in linea di massima distribuite lungo l'intera asta del corso d'acqua, tenendo conto della presenza degli insediamenti urbani, degli impianti prodotti e degli apporti provenienti dagli affluenti.
I punti di campionamento vanno fissati a una distanza dalle immissioni sufficiente ad avere la garanzia del rimescolamento delle acque al fine di valutare la qualita' del corpo recettore e non quella degli apporti.
In ogni caso deve essere posta una stazione di prelievo nella sezione di chiusura di ogni corpo idrico significativo. La misura di portata puo' essere effettuata in modo puntuale in corrispondenza del punto di campionamento e contestualmente allo stesso o desunta dai valori di portata rilevanti in continuo presso stazioni fisse.
Per quanto riguarda l'analisi dei sedimenti i punti di camnpionamento sono indivuati prioritariamente in corrispondenza delle stazioni definite per l'analisi delle acque, compatibilmente con le caratteristiche granulometriche del substrato del fondo.

Allegato B
(art. 1, comma 10)

ACQUE REFLUE INDUSTRIALI
1. Per il raggiungimento e/o mantenimento degli standard di qualita' fissati all'allegato A del presente regolamento l'autorita' competente obbliga le impre
se, i cui scarichi contengono le sostanze individuate all'allegato A, all'adozione delle migliori tecniche disponibili ai fini della riduzione o eliminazione delle sostanze pericolose negli scarichi e definiscono comunque, per le sostanze di cui allo stesso allegato A valori limite di emissione piu' restrittivi di quelli previsti alla tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
2. I titolari degli scarichi contenenti le sostanze di cui all'allegato A sono obbligati a porre in opera, con oneri a proprio carico, misuratori di portata e campionatori in automatico al fine di consentire l'attuazione di controlli sistematici su ogni scarico industriale. In tal caso i titolari degli scarichi di acque reflue industriali devono assicurare autocontrolli, effettuando analisi sugli scarichi degli impianti di trattamento e sulle acque reflue in entrata ogni 15 giorni. I risultati di tali analisi devono essere messe a disposizione della autorita' preposta al controllo. 
3. Le determinazioni analitiche ai fini del controllo della conformita' degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di 3 ore. L'autorita' preposta al controllo puo', con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico in relazione alle caratteristiche di continuita' dello stesso, il tipo di accertamento, di routine, di emergenza, ecc.

4. I valori limite di emissione allo scarico devono essere rispettati a pie' d'impianto. Gli scarichi di processo devono essere separati dagli scarichi di acque di raffreddamento e deve essere previsto l'avvio separato allo scarico delle acque di prima pioggia.
5. Nei casi di cui al comma 2 dell'art. 36 del decreto legislativo n. 152 del 1999, qualora sussistano i presupposti di cui allo stesso comma 2, l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti liquidi, contenenti le sostanze oggetto del presente regolamento, nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane deve comunque prevedere almeno le prescrizioni di seguito riportate:
a) rispetto delle concentrazioni fissate dall'autorita' competente per ciascuna delle sostanze dell'allegato A in sede di rilascio delle autorizzazioni in ragione dell'effettiva capacita' dell'impianto di pretrattamento;
b) presenza nell'impianto di idonei sistemi di pretrattamento, dedicati ed adeguati alle tipologie di rifiuti liquidi da smaltire, mediante l'uso delle migliori tecniche disponibili tali da garantire, all'uscita dell'impianto di pretrattamento e all'ingresso dell'impianto di trattamento delle acque reflue urbane, concentrazione di sostanze pericolose non superiori di un fattore 20 rispetto agli standard di qualita' di cui alla tabella 1 dell'allegato A al presente regolamento;
c) attuazione di un programma di caratterizzazione quali-quantitativa dei rifiuti liquidi, con installazione all'ingresso dell'impianto di trattamento e all'uscita dal medesimo in corrispondenza del punto di confluenza con il depuratore di misuratori di portata e campionatori in automatico al fine di consentire l'attuazione di controlli sistematici sui reflui in entrata e in uscita dall'impianto di trattamento;
d) adozione di sistemi di stoccaggio dei rifiuti liquidi da trattare tale da evitare la miscelazione con i reflui che hanno gia' subito il trattamento finale;
e) standard gestionali adeguati del processo depurativo e specifici piani di controllo dell'efficienza depurativa; 
f) raggiungimento e mantenimento degli standard e degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici recettori interessati dagli scarichi dei predetti impianti;
g) capacita' residua di trattamento valutata in rapporto al bacino di utenza dell'impianto ed alle esigenze di collettamento delle acque reflue urbane non ancora soddisfatte;
h) i fanghi biologici derivanti dagli impianti di depurazione che trattano rifiuti liquidi non possono essere riutilizzati in agricoltura.
6. L'autorizzazione di cui al punto 5 non puo' essere rilasciata qualora lo scarico recapiti nei corpi idrici con portata naturale nulla per oltre centoventi giorni all'anno o con scarsa capacita' depurativa.

Note all'allegato B.
- La tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152/1999, e' la seguente:
(Omessa)


- L'art. 36, comma 2, del decreto legislativo n. 152/1999 e' il seguente:
"2. In deroga al comma 1, l'autorita' competente ai sensi del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacita' residua di trattamento puo' autorizzare il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione".

 

 


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